Un comune toscano è stato condannato al risarcimento dei danni in favore di un’architetta che dopo aver vinto la selezione pubblica per la funzione di istruttore direttivo tecnico, aveva preannunciato la necessità di chiedere il congedo parentale, e per tale ragione era stata invitata ad andarsene. Il commento alla sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Grosseto è pubblicato sul sito di CF news.
Non può esserci parità di genere senza un’effettiva tutela contro le disuguaglianze, specie sul posto di lavoro. Per questo ha fatto eco sui quotidiani nazionali la buona notizia della sentenza di condanna pronunciata dal Giudice del Lavoro di Grosseto contro un Comune toscano per la mancata assunzione di una funzionaria che aveva preannunciato la richiesta di congedo parentale.
Il caso riassunto e commentato sul portale di Cassa Forense, vede come protagonista un’architetta che aveva vinto la selezione pubblica presso un Comune per la copertura della funzione di “istruttore direttivo tecnico”.
Convocata in Municipio per la sottoscrizione del contratto e la presa di servizio, l’architetta preannunciava la necessità di chiedere un congedo parentale per accudire il figlio di tre mesi, stante l’impossibilità del coniuge di farsene carico, perché a sua volta impegnato ad assistere il padre ricoverato fuori regione e in fin di vita (e di lì a poco deceduto).
La richiesta, secondo quanto riferisce CF news, veniva respinta dal Dirigente, che invitava l’architetta ad andarsene strappandole il contratto dalle mani, e lamentando che il congedo avrebbe creato grosse difficoltà organizzative all’ente.
La situazione precipitava al momento in cui l’architetta, sentendosi negare anche il rilascio di un attestato per aver risposto alla convocazione, chiedeva l’intervento dei Carabinieri.
Dopo aver esperito invano un tentativo di conciliazione davanti alla Consigliera delle Pari opportunità della Provincia di Grosseto, i legali della donna hanno adito il Tribunale chiedendo la condanna del Comune per comportamento discriminatorio di genere.
Il Giudice del Lavoro, spiega Cassa forense, ha accolto il ricorso della professionista, qualificando la condotta del dirigente come atto di discriminazione diretta, ritenendo indubbio che la vincitrice della selezione non avrebbe subito tale trattamento se fosse stata un uomo.
L’importanza della sentenza è sottolineata dalla Cassa soprattutto per la disparità delle posizioni in gioco: da una parte l’ente pubblico, sostenuto dai propri testi a difesa, che lamentava il malfunzionamento della macchina amministrativa a causa della (transitoria ) defezione della funzionaria, dall’altra la privata cittadina, sostenuta soltanto dai propri legali, che rivendicava “il diritto soggettivo all’assunzione del vincitore di pubblico concorso”, diritto riconosciuto dal Giudice di Grosseto.
Correttamente il Tribunale grossetano ha applicato l’inversione dell’onere della prova che caratterizza la tutela discriminatoria, ponendo a carico della lavoratrice il solo onere di fornire in termini precisi e concordanti la presunzione di condotte discriminatorie e accollando all’ente-datore di lavoro l’onere di provare l’insussistenza dell’intento discriminatorio.
Come riporta il sito CF news, la sentenza dopo attenta ricostruzione della vicenda, riconoscendo che il Comune aveva interdetto all’architetta la sottoscrizione del contratto già redatto e pronto alla firma esclusivamente a causa della richiesta di congedo parentale, ha condannato l’Amministrazione al pagamento dei danni patrimoniali e morali in favore dell’architetta.
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