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Peculato e violazione segreti d’ufficio: cosa rischia Sangiuliano #adessonews


La vicenda che vede coinvolto l’ex Ministro della Cultura, e che si è evoluta dal piano gossip a quello giudiziario, potrebbe comportargli delle conseguenze di natura penale. Facciamo un recap dei due reati ipotizzabili e dell’organo giurisdizionale competente.

Dal gossip alla Procura

L’ex ministro della cultura, Sangiuliano, secondo quanto riportato dalla stampa in questi ultimi giorni, risulta indagato dalla Procura capitolina per peculato e rivelazione e diffusione di segreto d’ufficio in relazione al caso sollevato da una donna, apparsa al suo fianco in numerose occasioni istituzionali, col quale ha ammesso, in una intervista trasmessa al TG1, di aver avuto una relazione sentimentale.

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La formalizzazione della contestazione risulta il seguito di un esposto presentato dal parlamentare di Avs, Angelo Bonelli. Gli inquirenti dovranno valutare la trasmissione degli atti al tribunale dei ministri.

Di seguito un veloce recap delle due contestazioni, senza tralasciare che l’articolo 4 della Legge costituzionale n. 1 del 1989, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dai Ministri, stabilisce un aumento di pena fino ad un terzo “in presenza di circostanze che rivelino la eccezionale gravità del reato”.

Peculato

Previsto dal Libro II del Codice Penale, Titolo II “Dei delitti contro la pubblica amministrazione”, Capo I “Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”, il “Peculato” (articolo 314), la cui procedibilità è d’ufficio e la competenza del Tribunale Collegiale, è distinto in due commi:

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.

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Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

Il primo comma è stato modificato dapprima dall’art. 1, comma 75, L. n. 190/2012, e in seguito dall’art. 1, L. n. 69/2015. Quanto ai termini di prescrizione, 10 anni e 6 mesi per l’ipotesi del 1° comma, 6 anni per quella al 2° comma.

Rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio

Collocato, come il peculato, nel Capo I Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, del Titolo II del Libro II del codice, il delitto previsto dall’articolo 326, la cui procedibilità è d’ufficio, la competenza è del Tribunale collegiale, e il termine di prescrizione è di 6 anni, statuisce che:

Il pubblico ufficiale, o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Il Tribunale dei Ministri

La Legge costituzionale n. 1/1989 ha sostituito l’art. 96 della Costituzione, il cui testo attuale risulta il seguente:

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

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È l’articolo 5 ad aver specificato l’autorizzazione prevista dall’articolo 96 della Costituzione (cd. autorizzazione a procedere), che spetta alla Camera cui appartengono le persone nei cui confronti si deve procedere, anche se il procedimento riguardi soggetti che non sono membri del Senato o della Camera, mentre spetta al Senato se le persone appartengono a Camere diverse o si deve procedere solo verso soggetti che non sono membri delle Camere.

Esistono tuttavia delle limitazioni per le indagini (articolo 10), infatti nei procedimenti per i reati indicati dall’articolo 96 della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri, nonché gli altri inquisiti che siano membri del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati non possono essere sottoposti a misure limitative della libertà personale, a intercettazioni telefoniche o sequestro o violazione di corrispondenza ovvero a perquisizioni personali o domiciliari senza l’autorizzazione della Camera competente ai sensi dell’articolo 5, salvo che siano colti nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura. Non si applica il secondo comma dell’articolo 68 della Costituzione, il quale statuisce che:

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza”.

La Camera competente, nel caso previsto dal comma 1 dello stesso articolo 10, è convocata di diritto e delibera, su relazione della Giunta di cui all’articolo 9, non oltre 15 giorni dalla richiesta. Verso il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri non può essere disposta l’applicazione provvisoria di pene accessorie che comportino la sospensione degli stessi dal loro ufficio.

Al contempo l’articolo 7 ha previsto l’istituzione, presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio, di un collegio composto di 3 membri effettivi e 3 supplenti, estratti a sorte tra tutti i magistrati in servizio nei tribunali del distretto che abbiano da almeno 5 anni la qualifica di magistrato di tribunale o abbiano qualifica superiore.

Il collegio è presieduto dal magistrato con funzioni più elevate, o, in caso di parità di funzioni, da quello più anziano d’età. Quanto alle competenze per i reati commessi dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, è l’articolo 11 della stessa legge costituzionale del 1989 a precisare che la competenza appartiene in primo grado al tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio, e che non possono partecipare al procedimento i magistrati che hanno fatto parte del collegio sopra descritto (articolo 7) nel tempo in cui questo ha svolto indagini sui fatti oggetto dello stesso procedimento.

Per le impugnazioni e gli ulteriori gradi di giudizio sono operative le norme del codice di rito penale.

Commentario breve al Codice penale, Forti Gabrio, Sergio Seminara, Riondato Silvio, Ed. CEDAM. L’opera fornisce un quadro chiaro e sicuro dei reati delle contravvenzioni e degli istituti generali del diritto penale commentando le norme del codice penale con la giurisprudenza più recente e il supporto dottrinale.
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