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Credito Iva inesistente o non spettante: le sanzioni Fiscomania #adessonews


Per quanto riguarda il credito Iva i contribuenti possono utilizzare in compensazione l’importo indicato in dichiarazione annuale. Questo sempre se lo stesso non è stato chiesto a rimborso. L’istituto della compensazione tramite modello F24 consente al contribuente:

  • Di utilizzare il credito per ridurre l’importo dell’Iva periodica da versare (compensazione verticale);
  • Di sommare algebricamente i crediti e i debiti che si formano nei confronti dei diversi enti impositori. Es Stato, Regioni, Inps, Inail, ecc (compensazione orizzontale).

Il risultato che ne deriva è rappresentato o da un saldo a debito o da un credito. In questo contributo, in particolare, mi voglio occupare, in dettaglio, delle distorsioni del credito Iva. In particolare, alla possibilità di effettuare:

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  • Delle compensazioni con credito Iva inesistente, oppure
  • Delle compensazioni che superano le soglie massime consentite. Si parla in questo caso di credito IVA non spettante.

Entrambe queste tipologie di utilizzo improprio del credito possono essere sanate direttamente dal contribuente. In questi casi si deve passare dal versamento delle sanzioni con modello F24. Vediamo, quindi, le sanzioni applicabili in caso di compensazione di credito Iva inesistente, oppure, di compensazione di credito Iva non spettante. Tutto questo utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso.

La compensazione del credito Iva inesistente o non spettante

La definizione di credito inesistente o non spettante, post riforma delle sanzioni, è collocata nell’art. 1, co. 1, lett. g)-quater e g)-quinquies del D.Lgs. n. 74/00, ed espressamente richiamata nell’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97.

La lettera g-quater) individua i “crediti inesistenti“, con casistiche specifiche, ovvero:

  1. I crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
  2. I crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al numero 1) sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici.

La lettera g-quinquies) individua i “crediti non spettanti“, con le seguenti caratteristiche:

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  1. I crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento;
  2. I crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;
  3. I crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza.

Per quanto riguarda l’Iva, tra le tante ipotesi di ravvedimento c’è anche quella del credito Iva utilizzato:

  • Per un importo eccedente rispetto o
  • Per un importo non effettivamente spettante.

Infatti, a fronte di un credito emergente da un modello di dichiarazione, è possibile che le compensazioni di tale credito avvengano:

  • In misura eccedente rispetto a quanto esposto nel modello dichiarativo (trattasi di compensazione di credito inesistente), oppure
  • In violazione di disposizioni che ne limitano l’utilizzo (compensazione di crediti non spettanti).

Il credito Iva inesistente

Credito Iva inesistente – Art. 1, lett. g-quater) del D.Lgs. n. 74/00
Il crediti Iva si definiscono come inesistenti nel caso in cui:
– Mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
– I requisiti oggettivi e soggettivi di cui al punto precedente sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici.

Si parla di credito Iva inesistente quando un soggetto passivo Iva (ad esempio un’impresa) indica nella propria dichiarazione un credito Iva che non ha alcun fondamento, ovvero che non deriva da operazioni effettivamente sostenute. Questo può accadere, ad esempio, a causa di errori materiali, di fatture false o di altre irregolarità. La conseguenza è che tale credito non può essere né utilizzato in compensazione né richiesto a rimborso.

In pratica, classico caso di compensazione di credito inesistente si ha quando il contribuente che ha regolarmente presentato la dichiarazione Iva, da cui scaturisce un credito sul quale vengono effettuate compensazioni orizzontali tramite modello F24. Qualora da tali compensazioni emerga un importo eccedente rispetto al credito scaturito dalla dichiarazione siamo di fronte ad una fattispecie di violazione della normativa.

Il credito Iva non spettante

Credito Iva non spettante – Art. 1, lett. g-quinquies) del D.Lgs. n. 74/00
Il crediti Iva si definiscono come non spettanti nel caso in cui:
– Sono fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento;
– Sono, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina di riferimento, fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;
– Vengono utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi previsti a pena di decadenza.

Il credito Iva non spettante, invece, si riferisce a un credito Iva che, pur avendo un fondamento reale (ovvero deriva da operazioni effettivamente sostenute), non può essere utilizzato dal soggetto passivo Iva a causa di specifiche disposizioni normative. Il classico caso è quello rappresentato dalla compensazione orizzontale effettuata in misura superiore al limite annuale di 700.000 euro. Limite previsto dall’articolo 9, comma 2, del D.L. n. 35/13. La compensazione ulteriore rispetto al limite massimo consentito nell’anno comporta la sanzione per il credito Iva non spettante.

Differenze tra credito Iva inesistente e non spettante

Caratteristica Credito Iva Inesistente Credito Iva Non Spettante
Fondamento Non ha alcun fondamento reale (es. fatture false) Ha un fondamento reale ma non è detraibile per disposizioni normative
Possibilità di utilizzo Non può essere utilizzato in compensazione né richiesto a rimborso Non può essere utilizzato in compensazione né richiesto a rimborso
Origine Errori, irregolarità, frodi Operazioni effettivamente sostenute ma vi sono limiti normativi di utilizzo
Conseguenze per l’azienda Possibili sanzioni e rettifiche Possibili sanzioni e rettifiche

Sanzione per credito Iva inesistente

La fattispecie riguardante la compensazione di crediti IVA inesistenti o non spettanti è punita con l’applicazione di una sanzione amministrativa. La violazione è equiparata dal legislatore all’ipotesi di dichiarazione infedele nella quale sia indicato un credito superiore a quello spettante. Si applica la sanzione amministrativa che va dal 100% al 200% della misura dei crediti inesistenti compensati. Questo ai sensi dell’articolo 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/97. A partire dal 1° settembre 2024 la sanzione è pari al 70%.

Ricordiamo, sul tema che l’articolo 7, comma 2, del D.L. n. 5/09, il quale inaspriva la predetta sanzione, fissandola al 200% nell’ipotesi di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per un ammontare superiore a 50.000 euro è stata abrogata. Pertanto, la sanzione applicabile, qualsiasi sia l’ammontare della compensazione di credito inesistente effettuata, è sempre dal 100% al 200% del maggior credito compensato.

Tale sanzione può essere ridotta se il regolamento viene effettuato in maniera spontanea dal contribuente, utilizzando il ravvedimento operoso.

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Sanzione per crediti Iva non spettanti

La fattispecie riguardante l’utilizzo di un’eccedenza o di un credito di imposta esistenti in misura superiore in violazione di disposizioni che ne limitano l’utilizzo. Per questa fattispecie è prevista una sanzione amministrativa del 30% del maggior credito utilizzato. Questo ai sensi del comma 4, dell’articolo 13, del D.Lgs. n. 471/97. A partire dal 1° settembre 2024 la sanzione è pari al 25%.

Questa sanzione si rende applicabile in caso di ravvedimento effettuato dal contribuente. Mentre se la violazione viene ad essere riscontrata attraverso i controlli automatizzati (ex articolo 36-bis DPR n. 600/73 e 54-bis DPR n. 633/72) la sanzione amministrativa applicabile resta quella ordinaria dal 100% al 200% della misura del maggior credito utilizzato. Sanzione prevista precedentemente per l’utilizzo del credito inesistente.

Tabella di riepilogo: sanzioni per crediti inesistenti o non spettanti

Tipologia di violazione Sanzione amministrativa
Credito inesistente Sanzione del 70%
Credito non spettante Sanzione del 25%

La modifica della dichiarazione Iva

In questi casi, comunque, occorre però intervenire anche sul modello dichiarativo. Pensiamo all’ipotesi in cui al contribuente risulti dalla dichiarazione dell’anno precedente (ad es: credito Iva dell’anno X scaturente dal modello Iva X+1), un credito inferiore a quello utilizzato in compensazione nell’anno X+1. Ipotizziamo anche che lo stesso contribuente abbia successivamente effettuato un versamento per l’importo corrispondente al maggior credito utilizzato in compensazione.

In questo caso il contribuente dovrà anzitutto attenersi al principio inderogabile secondo il quale i versamenti integrativi d’imposta devono essere indicati esclusivamente nella dichiarazione relativa all’anno di imposta cui i medesimi si riferiscono. Non rilevando l’anno in cui questi vengono di fatto effettuati.

Tali versamenti andranno così ad aumentare l’eventuale Iva a credito emergente dalla liquidazione dell’imposta sulla base dei dati indicati nello stesso quadro VL. E con essi anche il credito finale Iva da computare in detrazione nell’anno successivo o da compensare in F24.

Ne consegue che tali versamenti integrativi, relativi al maggior credito erroneamente utilizzato, devono essere eseguiti utilizzando il codice tributo 6099. L’anno di imposta da indicare è quello relativo all’anno precedente cui si riferiscono (anno X nell’esempio in esame). Tali importi devono essere indicati nel rigo VL 31 della dichiarazione Iva X+1 relativa all’anno X, ancorché effettuati nell’anno X+1. L’indicazione deve passare necessariamente attraverso la presentazione di una dichiarazione IVA integrativa.

Esempio di modifica della dichiarazione Iva

Ipotizziamo di avere un credito Iva per l’anno X pari a €. 15.000. Credito utilizzato in compensazione nel X+1, in misura eccedente, ovvero per €. 18.000 (versamento integrativo di €. 3.000).

Pertanto, tenendo conto di tale indicazione contenuta nella Circolare n. 48/E/2002, nella dichiarazione Iva relativa all’anno successivo (cioè X+2 relativa al X+1 nell’esempio considerato), il contribuente dovrà indicare, il credito che è stato compensato nel modello F24. Ovvero l’intero importo del credito  utilizzato in compensazione nel corso del X+1, comprensivo quindi della parte utilizzata in eccesso e successivamente riversata.

Nel rigo del quadro VL di quest’ultima dichiarazione relativo al credito risultante dalla dichiarazione dell’anno X dovrà altresì essere indicato il credito riportato in detrazione o in compensazione nel X+1. Così come risultante dal quadro RX della dichiarazione (integrativa) relativa all’anno precedente.

Termini di accertamento

In merito ai termini di accertamento recupero dei crediti di imposta non spettanti a partire dal 30 aprile 2024 devono essere notificati entro il quinto anno successivo a quello del relativo utilizzo. Questo è quanto prevede il nuovo art. 38-bis del DPR n. 600/73 (introdotto dal decreto Accertamento). In particolare, la disposizione prevede quanto segue:

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L’atto, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti non spettanti e inesistenti, deve essere notificato, a pena di decadenza, rispettivamente entro il 31 dicembre del quinto anno (per crediti non spettanti) e dell’ottavo anno successivo (per crediti inesistenti) a quello del relativo utilizzo

Conclusioni

L’utilizzo del ravvedimento operoso in caso di violazioni riguardanti il credito IVA inesistente o il credito IVA non spettante è consigliabile. Intervenire autonomamente consente di risparmiare sulle sanzioni applicabili. Sanzioni che in caso di accertamento sarebbero applicate dall’Agenzia delle Entrate in misura piena. Oltre alla presentazione del modello F24 con le sanzioni ridotte dovrà essere versata anche l’importo pari alla maggiore compensazione effettuata. Tutto questo dovrà infine passare attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa.

Domande frequenti

È possibile correggere un errore relativo al credito Iva inesistente o non spettante?

Sì, è possibile presentare una dichiarazione Iva rettificativa per correggere eventuali errori. Tuttavia, è importante agire tempestivamente e consultare un esperto per assicurarsi di rispettare tutte le normative pertinenti.

Cosa succede se utilizzo un credito Iva non spettante per compensare altri debiti fiscali?

Utilizzare un credito Iva non spettante può portare a sanzioni. L’Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere la restituzione delle somme compensate e applicare sanzioni e interessi.

Cosa devo fare se scopro di avere dichiarato erroneamente un credito Iva inesistente?

È importante agire tempestivamente, presentando una dichiarazione rettificativa e, se necessario, pagando eventuali sanzioni e interessi dovuti.

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